Milano Summit Città della Cultura 2020, intervista con lo scrittore Davide Amante

Sarà Milano a ospitare nel 2020 il prossimo summit del “World Cities Culture Forum”

L’annuncio è stato dato il 25 ottobre a Lisbona, il World Cities Culture Summit si svolgerà a Milano dal 28 al 30 ottobre 2020

Leggi qui l’intervista che ‘900 Letterario magazine ha realizzato con Davide Amante

Leggi qui il comunicato stampa del Comune di Milano

Qui di seguito il testo integrale dell’intervista su Repubblica.it:

La città di Milano ospiterà a Ottobre 2020 il vertice mondiale delle città della cultura. Abbiamo chiesto allo scrittore Davide Amante, letterato e milanese doc, di spiegarci meglio questa iniziativa, il suo punto di vista sull’amministrazione della città e le opportunità che essa rappresenta. Milano è stata designata da 38 altre metropoli per aver agito nell’inclusione sociale, nella creatività, nella riduzione delle distanze tra centro e periferia, nell’impegno ambientale.

Incontriamo lo scrittore nel suo attico nel pieno centro di Milano, da dove già si ha una rappresentazione visiva imponente della città: dal Duomo di Milano alle antiche cupole delle chiese fino ai moderni grattacieli in vetro della parte più moderna della metropoli.

Lei è d’accordo con la designazione di Milano a città della cultura 2020?
Sì, certo. A mio avviso è una designazione meritata e importante per la città di Milano. Questa è una iniziativa particolare, voluta in origine dal sindaco di Londra, che è riuscita negli anni a coinvolgere oltre 40 metropoli del mondo fra le più attive e impegnate culturalmente. Quindi stiamo parlando già dell’eccellenza della cultura mondiale – così come viene espressa dalle città – e il fatto che Milano sia designata per il 2020 è ancor più significativo considerati i competitor. Va anche detto che è un network di metropoli che collaborano all’iniziativa, pertanto non si tratta di una vera e propria competizione ma piuttosto di portare avanti una comune sensibilità e attenzione al tema della cultura e della creatività, nel senso più esteso.

Perché è stata scelta Milano?
Perché Milano è vitale, esuberante, intensa. Qualche volta anche volgare come spesso accade quando c’è grande vitalità. Ma io vedo una Milano impegnata, che si muove in avanti con fiducia, generosa, portatrice di valori civici solidi, e che è in costante cambiamento. E dove c’è movimento, c’è sempre poesia.

Secondo lei l’Expo Milano 2015 ha determinato questa nomina?
No, non credo. E’ giusto citarlo come un volano perché l’Expo ha dato una grande e necessaria scossa a Milano, coinvolgendo tutti, anche gli scettici. E certamente questa spinta si è riverberata anche e molto sulla cultura. Ma la cultura e la creatività fanno parte di Milano da sempre nella sua storia e nonostante l’opinione un po’ superficiale e frivola che alcuni ne hanno di città che ruota intorno al denaro, chi la conosce davvero sa che Milano ha sempre viaggiato su coordinate culturali e creative di primissimo livello. La differenza semmai è che la città ha sempre voluto amalgamare l’interesse economico e il business con la creatività, e questo a mio avviso è giusto.
L’Expo 2015 ha forse messo in risalto, a livello internazionale, l’impegno di Milano nella cultura nel contesto di questi anni. Ma la cultura e la creatività di Milano sono ben altra cosa, vanno viste in un contesto ben più ampio. E questo senza nulla togliere all’amministrazione milanese che ha ben fatto a mio avviso.

La sua conclusione porta direttamente alla domanda successiva: secondo lei l’amministrazione di Milano ha aiutato ad ottenere questa nomina?
Sì, ritengo che l’amministrazione degli ultimi anni abbia ben fatto. Milano ha sempre avuto una tradizione di sinistra moderata che, senza voler entrare in discussioni politiche che poco mi riguardano, si è dimostrata operosa ed efficace. Trovo che l’attuale sindaco, con la sua squadra, abbia ben lavorato nell’interesse della città in questi anni. Penso che sia un buon momento questo per Milano, tutto considerato. L’attuale amministrazione e in particolare il sindaco Sala e l’assessore alla Cultura Filippo del Corno ne sono gli artefici.

Può spiegarci quali caratteristiche culturali di Milano la rendono meritevole di ospitare il Summit?
Milano è una città rinascimentale che a dispetto di quanto molti possano pensare, ha sempre messo in primo piano la cultura, l’arte, la creatività. In Italia c’è la tendenza a vedere la cultura e l’arte come qualcosa di costituito e completo, del resto le città d’arte e Roma stessa sono sature d’arte e purtroppo vi è spesso la tendenza da parte di molti a riconoscere come arte soltanto ciò che proviene dal passato e che è già stato riconosciuto da altri.

L’arte, al contrario, è innovativa, spezza le regole del passato per crearne di nuove, la vera arte non sta mai alle regole perché crea le proprie di regole, e quasi sempre è disorientante per i contemporanei che la affrontano la prima volta. Penso all’arte povera (di origine torinese ma immediatamente compresa e rilanciata soprattutto da Milano), penso alla Transavanguardia, la musica, la grande tradizione dell’editoria illuminata milanese purtroppo scomparsa, penso a quella moltitudine di artigiani specializzati e raffinati che hanno sempre trovato in Milano un cliente d’eccezione, disposto a spendere e investire, penso all’eccezionale fenomeno della moda stessa.

Dare a Milano quel ruolo di capitale finanziaria, sebbene tecnicamente sia comprensibile, significa non aver capito niente dei milanesi e delle famiglie milanesi. E’ proprio quando si ha la disponibilità finanziaria che si comprende che senza la curiosità, senza l’anima, senza il sogno a dare una direzione, il denaro non porterebbe da alcuna parte se non alla noia. Per questo motivo proprio in una metropoli ricca come Milano si può ben comprendere e più che altrove la necessità di circondarsi d’arte e cultura.
Milano è sempre stata rinascimentale nel senso che la cultura e l’arte – non quella del passato ma quella del futuro – sono sempre state nelle sue corde. Milano è una grande capitale della creatività e dell’anima italiana, spesso mai abbastanza riconosciuta per questo.

Lei è uno scrittore e sceneggiatore, come vede la letteratura milanese?
Quando non ci sono più i grandi editori disposti a rischiare e capaci di capire la letteratura, rimangono gli amministratori e le redazioni. Questi ultimi mi fanno pensare a un bell’articolo di Vitaliano Brancati ‘Il Borghese e l’Immensità’. La immagina la brava redattrice o il bravo redattore, o anche i bravi blogger, che si recano in tram al lavoro o che scrivono sui loro portatili, pensando al mutuo, alla spesa per il gatto, alla prenotazione delle vacanze e all’aperitivo, scegliere per la pubblicazione il testo di un grande scrittore, uno che sta cambiando le coordinate del proprio tempo, che ha viaggiato fino ai confini più distanti di se stesso e della vita? La immagina la loro sensibilità nel comprendere queste cose? La scelta dei bravi blogger e dei bravi redattori è quella che vediamo sugli scaffali delle librerie, una foresta di piccoli problemi rappresentati con piccole storie e una piccola competenza letteraria. Cèline li chiama i Goncourtisti con gli occhiali o senza occhiali, i professorini che fanno gli scrittori e così andare. Questa purtroppo è la tendenza della letteratura italiana contemporanea ed anche milanese. Ma i grandi scrittori non se ne curano. Scrivono i romanzi. A un certo punto anche i redattori si accorgono della differenza.

Come vede il ruolo della donna in questa Milano moderna?
Questa faccenda della parità nei ruoli e nei poteri di uomo e donna, la vedo del tutto fuori tempo, ridicola. Il problema non dovrebbe neanche più esistere e invece, purtroppo, c’è ancora gente convinta che via sia una qualche differenza qualitativa. Milano ha il vantaggio di essere concreta e moderna, guarda al risultato e di conseguenza sa bene che non c’è alcuna differenza. Anzi, preferirei semmai vedere più donne nei ruoli chiave che uomini, tendo a fidarmi più delle donne.

Lei vive in una area storica della città, come si vive nel centro storico?
La qualità della vita è alta e negli ultimi anni ho riscontrato una continua tendenza al miglioramento. Rispetto alle altre metropoli nel mondo Milano ha un equilibrio irripetibile. Riesce a mantenere un dialogo e una dimensione umane, pur correndo e lavorando sul piano internazionale. E’ un meccanismo raffinato che le altre metropoli, seppur a volte più efficienti, non riescono a comprendere. Io credo che si stia facendo molto negli ultimi anni per migliorare la città, sia da parte dell’amministrazione sia da parte della cittadinanza. Mi pare che molti abbiano compreso l’importanza di fare questo passo. E i risultati cominciano a vedersi.

Può spiegarci come funziona il World Cities Culture Summit?
Il World Cities Culture Summit è sostanzialmente un network di metropoli di tutti i continenti, che da un’iniziativa nata dall’allora sindaco di Londra, riunisce le città culturalmente virtuose che vogliano collaborare a realizzare policy comuni a favore della cultura. Questo Summit porta avanti un comune pensiero per cui la cultura e la creatività hanno un impatto determinante nella pianificazione e nella legislazione intorno alle grandi città. Ogni anno si organizza un summit appunto, un incontro programmatico fra i più alti responsabili di ciascuna città. Tutte le altre città concorrono ad eleggere la città ospitante ogni anno ed è chiaro che l’elezione avviene sul presupposto che questa città abbia dimostrato sensibilità e attenzione alle tematiche culturali e creative.

Quali opportunità può portare questa inziativa alla città?
E’ una ottima occasione per discutere le best practice milanesi in un’ottica di sviluppo della cultura e delle creatività. Non dimentichiamo che a Milano in particolare la cultura è sempre stata un volano economico importante, a cui volentieri hanno storicamente partecipato grandi imprenditori locali. In senso più ampio è il momento in cui da un senso alla produttività economica della città, redistribuendola attraverso la cultura, la creatività e le inziative culturali per creare nuovi stimoli e nuovi percorsi di cui si può avvantaggiare nuovamente tutta la città. E’ un circolo virtuoso in cui imprenditoria e cultura si tengono per mano, avvantaggiando tutti.

Secondo lei Milano in che cosa può migliorare, riguardo alla cultura?
Milano ha bisogno di più coraggio sui temi della cultura e della creatività. Il World Cities Culture Summit è un nuovo stimolo in questo senso. Se sapremo raccogliere questo stimolo, il coraggio di averlo fatto sarà ripagato, perché una città più colta è una città più pronta ad affrontare il futuro e a creare ricchezza

La Lettura dialogica spiegata da Davide Amante.

Pubblichiamo qui il testo integrale dell’intervista. Fonte: La Repubblica.it

Abbiamo intervistato lo scrittore Davide Amante, per meglio comprendere che cosa è la ‘lettura dialogica’ e come essa facilita i bambini nel percorso scolastico di apprendimento e stimola il bambino a partecipare a una lettura condivisa e ragionata di un libro.

Davide Amante, ci può spiegare che cos’è la lettura dialogica?

La lettura dialogica è il procedimento che si basa sullo sviluppare un dialogo con i bambini intorno al testo che stanno leggendo. Nell’affrontare la lettura, spesso l’adulto legge il testo e il bambino ascolta. Al contrario, con la lettura dialogica, l’adulto stimola il bambino a diventare il ‘narratore della storia’. 

La lettura dialogica è efficace?

A mio avviso sì, è molto efficace e utile.

Quali sono le origini della lettura dialogica?

La lettura dialogica viene spesso presentata come uno strumento innovativo e all’avanguardia, anche se con un pò di esagerazione. Essa è stata teorizzata in epoca recente ad esempio dall’Interactive Reading Model da David E. Rumelhart in 1977 e poi anche più specificamente da Grover J. Whitehurst nei primi anni 2000, con lo Stony Brook Reading and Language Project, nel tentativo di offrire una soluzione alla mancanza di destrezza e talento nel risolvere i problemi, evidenziata in particolare nei bambini delle classi meno agiate negli Stati Uniti, che raramente avevano occasione di leggere libri. E’ un’iniziativa lodevole e importante, che ha permesso alla scuola di affrontare e in parte risolvere questo problema.

La lettura dialogica è uno strumento all’avanguardia?

La lettura dialogica è uno strumento importante e va certamente promossa, specie in Italia. Tuttavia essa ha origini antichissime. Ad esempio nella nostra tradizione letteraria, sia nel nord che nel sud Italia, era comune per le famiglie di contadini riunirsi la sera intorno al fuoco e coinvolgere i bambini nella narrazione orale o nella lettura di favole. Questa lettura, dal punto di vista del bambino, non si svolgeva passivamente ascoltando gli adulti ma al contrario consisteva nel trascorrere la serata leggendo alcuni pezzi e interpretandone tutti insieme il senso. I bambini ponevano domande, si soffermavano su un dettaglio del racconto, proponevano una interpretazione dei fatti narrati. Gli adulti, a loro volta, rispondevano, approfondivano, approvavano o discutevano l’interpretazione dei fatti avanzata dai più giovani. E così spesso, sotto le stelle e al calore del fuoco, ci si spingeva in territori sconosciuti e si finiva per creare vere e proprie nuove storie orali. Erano diversioni affascinanti e stimolanti che poi si concludevano con il ritorno alla lettura del testo. Molte delle più belle favole italiane sono nate così. Basti pensare al tentativo di raccolta delle favole popolari che Italo Calvino aveva tratto dalle varie regioni italiane. Oppure ancora ad alcune scene veritiere del film L’Albero degli Zoccoli di Ermanno Olmi, girato negli anni ’70. Queste altro non erano che ciò che oggi definiscono lettura dialogica. Nell’America stessa, dove è nato il termine di lettura dialogica, le popolazioni indiane autoctone facevano più o meno la stessa cosa.

Dunque sebbene il termine di ‘lettura dialogica’ sia nato negli Stati Uniti, in realtà preesisteva.

Il sistema educativo degli Stati Uniti ha avuto il grande pregio di cercare di riportare il concetto di lettura dialogica a un metodo, che possa essere utilizzato ovunque dalla scuola. In questo senso è certamente all’avanguardia ed è uno strumento efficacissimo.   

Ci può spiegare nel dettaglio la lettura dialogica?

La lettura dialogica si basa sulla considerazione che il ‘modo’ in cui noi leggiamo ai bambini sia almeno tanto importante quanto lo è la ‘frequenza’. Quando un adulto legge a un bambino, spesso ha il libro in mano e il bambino ascolta. La lettura dialogica consiste in un’interazione fra adulto e bambino: l’adulto pone domande per stimolare i bambini ad esplorare il testo a un livello più profondo e così si instaura un dialogo attivo durante il quale affiorano definizioni di nuove parole, analisi delle parti della storia, e la capacità di esprimere una propria opinione sulla storia stessa. In altre parole la lettura dialogica è un metodo di lettura guidata che stimola il bambino a un atteggiamento interpretativo e critico.  

Nel caso dei bambini più piccoli tutto ruota intorno a una frase semplice e un’illustrazione, con i bambini più grandi invece l’attenzione si rivolge ad esempio nel discutere un paragrafo appena letto dall’adulto.

Il Guardiano delle Stelle

Quindi la funzione della lettura dialogica è quella di stimolare il bambino?

Sì, è una partecipazione attiva da parte del bambino alla lettura. Ed essa avviene grazie all’interazione con l’adulto. Questo aspetto va molto ben valutato perché è, a mio avviso estremamente importante per due ragioni. La prima è che il testo, la favola, diventa un elemento aggregatore per la famiglia, che coinvolge tutti con opinioni, pensieri e addirittura divagazioni sul tema, che sono importantissime perché si basano sull’esperienza di ciascuna singola famiglia e permette al bambino di comprendere che la propria personale esperienza è confrontabile con il mondo anzi essa stessa costituisce il mondo. La seconda ragione importante è che il bambino impara grazie al metodo della lettura dialogica a interpretare e quindi intelligere (leggere dentro) le cose.

In sostanza la lettura dialogica è un metodo complesso da applicare per la famiglia?

Niente affatto. La lettura dialogica è semplicissima. Consiste nel sedersi insieme ai bambini e dedicare loro del tempo, ma basandosi sulla qualità, cioè un testo scritto. Basta leggere e poi parlare di ciò che si è letto.

Dove si attua la lettura dialogica?

A casa soprattutto ma proprio il metodo della lettura dialogica sta cominciando a prendere piede nelle scuole come metodo educativo. Se negli Stati Uniti essa è ormai acquisita, in Italia si può definire sperimentale. In questo senso è innovativa ed è una buona cosa. Il metodo scolastico ovviamente è un pò più complesso e articolato di quanto abbiamo detto qui, ad esempio si attua attraverso la sequenza PEER e i CROWD prompts. Ma questi sono tecnicismi di cui possiamo parlare in altra sede, che riguardano più specificamente gli insegnanti. La lettura dialogica nella sua essenza è semplice e diretta.

Lei è un romanziere e sappiamo che ha recentemente scritto Il Guardiano delle Stelle – Il viaggio di Anais insieme al vento. Il Guardiano delle Stelle è un romanzo per bambini e adulti. Il suo libro, ad esempio, è adatto alla lettura dialogica e può darci qualche indicazione di quali libri siano più adatti?

In realtà qualsiasi testo adatto all’età del bambino può andar bene, perché molto dipende dalla voglia dell’adulto di avviare una discussione sul testo insieme al bambino. Certamente Il Guardiano delle Stelle è adatto alla lettura dialogica con bambini da 8 fino a 15 e più anni. L’importante è rivolgersi a testi autentici, scritti da scrittori non improvvisati, a partire dal Piccolo Principe di de Saint Exupery, Il Vento fra i Salici di Kenneth Grahame, La mia famiglia ed altri animali di Gerald Durrel.

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